Seminario di studi: CEI, 16-11-2004
ROMA
TRACCIA PER RIFLETTERE
Di un Parroco di periferia sul tema: “La donna consacrata, presenza, partecipazione e profezia nella Chiesa”
Incominciava così giusto 50 anni fa l’ultima lettera enciclica di Papa Pio XII chiamata appunto Sacra Virginitas. Nei suoi tre grandi capitoli (l’insegnamento della Chiesa, la ragionevolezza della verginità e la pratica della verginità) presentava la castità consacrata come l’essenza assoluta per realizzare quel “per sempre e con tutto il cuore” che ha donato nei secoli la gioia di vivere il “totus tuns” a centinaia di migliaia di splendide sorelle.
Santi come Cipriano, Atanasio, Ambrogio, Giovanni Crisostorno, Girolamo ed Agostino sono stati i loro cantori i quali, quelle essenzialità (la verginità) hanno finito di ispirare il Pontefice di venerata memoria.
Ma oggi questa formula geniale e profetica (consacrazione e verginità) è ancora essenziale ed è ancora affascinante?, quindi attraente?
Nel Vangelo c’è una parola chiave: beati.
Senza questa chiave di lettura ben compresa non si accede alla vita consacrata: verrebbe a mancare la beatitudo….
E’ solo la beatitudine che può spingere verso i “144 mila signati” dell’Apocalisse….
Dobbiamo riconoscere che oggi la beatificante parola chiave non apre più molte porte del cuore giovanile verso l’oblazione totale. Va detto che già nel 1954 Papa Pacelli nella parte conclusiva della Lettera lamentava la crisi di vocazioni alla vita consacrata….
Io mi domando: la crisi attuale è dovuta alla chiave, visto che il mondo presenta ben altre beatitudini, oppure ad un guasto delle serrature, (i cuori giovanili), forzati magari anche dal nostro modo di aprirli…, dove le dinamiche ecclesiali eclissano il soprannaturale e scapito del bene da compiere?
Non potrebbe essere un elemento sul quale la vita consacrata deve riflettere circa la soprannaturalità o “oltrerità” del suo modus viventi in rapporto al sistema di vita che il mondo d’oggi promuove?
A me pare, francamente, che il tono di vita spirituale nelle comunità odierne di vita apostolica sia basso.
Tant’è che quando è alto le cose sono diverse: perché la Madre Canopi del lago d’Orta deve affannarsi ad aprire nuovi monasteri…?
Banalizzando la consacrazione verginale quasi che sia il modo d’accesso (serratura!) ai nobili servizi degli addetti pastorali con tanto di diplomi accademici che abilitano ad una miriade di professioni caritative, non si può pretendere che le giovani intelligenti e buone di questo secolo che accarezzano la voglia di dedicarsi al prossimo, capiscano le ragioni della consacrazione perpetua e la disciplina verginale .
Non c’è dunque da stupirsi se qualche consacrata lascia gli impegni canonici e nemmeno se moltissime giovani dall’anima luminosa approdino sempre più numerose alle professioni di assistenza sociale.
Quando invece questa anima bella scopre che la persona consacrata non è affatto una operatrice pastorale incaricata dal funzionamento della “sacra azienda”….
Quando scopre…, e questa scoperta va fatta nel tempo debito delle scelte di vita e nel clima giusto della spiritualità cristiana e sacramentale (vorrei narrarvi della mia povera esperienza di sacerdote che dal 1957 fonda la spiritualità giovanile ed adulta sui “tempi forti” degli Esercizi Spirituali)….
Dicevo, quando scopre… che la Parola che annuncia nel suo servizio non è affatto un semplice messaggio di tipo informativo che parla al cervello, bensì è una Forza, è un dunamis, una dinamica geniale e soprannaturale che produce guarigione, conversione e vita nuova nel cuore del prossimo, allora la consacrazione verginale diventa beatitudine che non può non farle pronunciare tutti i giorni “ecce, venio!”… per sempre e con tutto il cuore!
Quante vocazioni abbiamo smarrito perché non siamo stati capaci di offrire la chiave della beatitudine.
Quando una ragazza di questo nostro tempo, dal cuore generoso scopre che la vita consacrata le conferisce una configurazione al Cristo che la rende idonea a portare la Grazia di Dio al prossimo, allora la gioia incomincia ad interpellarla e la Vocazione se c’è, prende forma concreta.
Quando poi giunge a scoprire che la verginità offerta la trasforma in una creatura che, come una candela si consuma illuminando e così facendo aggiunge qualcosa di suo al sacrificio redentivi del Signore Gesù (S. Paolo, Col 1,24), ecco che il cuore gli si gonfia e la spinge certamente verso il totus tuns.
Sarà poi il suo padre spirituale ad avviarla o trattenerla, secondo la sua scienza e la Grazia del discernimento.
Mi pare sia gratificante per i giovani, femmine o maschi che siano, rendersi conto che la verginità è il massimo del genio umano perché è ciò che davvero tiene la creatura unita al suo Signore e la abilita alla preghiera perfetta oltre che trasformarla in Ostia per il prossimo dove il semplice stare con la gente guarisce e salva.
Le vocazioni di speciale consacrazione e sacerdotali non possono mancare al popolo di Dio perché, come ci dice il Papa nella Pastores dabo vobis <> (n° 1).
Neppure possiamo pensare che quasta nostra stagione, per quanto sia un tempo la lupi, sia “una stagione di avarizia di Dio”.
Al contrario!
Dove c’è carenza di vocazioni è bene piuttosto ripensare la pastorale, e vedere se forse non c’è qualche fallo, qualche perdita di Grazia, qualche fessura che va individuata e chiusa.
Sarà magari che, inavvertitamente?, ci siamo allontanati dall’ontologia della Fede, formalizzando o trattenendo il soprannaturale o magari privilegiando senza squilibrio l’ex opere operantis a scapito dell’ ex opere operato?
Videant consules!, e anche “nos, cum prole pia…., benedicat Virgo Maria!”