La speranza è un argomento difficile da trattare, ma non impossibile, perché ci vuole molto coraggio per sperare, soprattutto nei momenti più bui. Perciò vorrei raccontare di una ragazzina forte, con la testa "dura", con un grande cuore, ... ma con un "piccolo" difetto, che consapevole di ciò non ha però chiuso le porte alla vita. Ve la racconto brevemente con le parole dei genitori, che ho trovato in un libro che raccoglie le poesie e i pensieri, che la piccola Alice scriveva e di chi l'ha conosciuta; e che consiglio di dargli almeno uno sguardo qualora ci lamentassimo "troppo" delle difficoltà che incontriamo, fossero anche come quelle della piccola Alice...
“Il primo scherzo Alice lo fece appena nata, la mattina del 18 novembre 1983 : non muoveva un braccino. Ancora in sala parto la mamma, Marta, saltò in piedi e raggiunse i suoi colleghi medici : aveva captato una certa preoccupazione. Durò qualche ora, finché Alice alzò quel braccio, come per far "ciao" a tutti e lo posò sul seno della mamma durante la poppata. Aveva fatto la sua prima burla e aveva superato il suo primo guaio sorridendo. Era già tutta lei.” Dieci mesi dopo, invece non fu uno scherzo.
Fù allora che cominciarono i sintomi di quella che, nel giro di alcuni terribili mesi, fu diagnosticata come atrofia muscolare spinale, malattia genetica e progressiva che colpiva le sue capacità motorie. “Ma una volta classificata, Alice riuscì di nuovo a smentire i pessimismi.
La malattia le avrebbe impedito di stare in piedi e di camminare. Invece, con l'aiuto di due fisioterapiste tenaci quanto affettuose, lei riuscì prima a stare un po’ in piedi, poi anche a muovere qualche passo reggendosi ai tetrapodi e a pedalare sul triciclo. Con questi ausili ha affrontato la scuola materna con alcune insegnanti che la aiutavano nell'attività motoria: sono perfino riuscite a farle calcare il palcoscenico in piedi come Regina delle Fate (sotto il favoloso abito avevamo costruito un girello con ruote che la sostenevano e le permetteva di muoversi per mano alle Fate Ancelle).”
Poi le elementari : l'attività motoria cedeva sempre di più il passo a quella intellettuale e questo favoriva una maggiore affermazione di Alice con minor fatica. Alice sorrideva alla sfida, combatteva la sua battaglia, affrontava dubbi e frustrazioni con poche lacrime (ci mancherebbe) e con grande coraggio, serena e consapevole. Ha fatto sempre così. Chi l'ha conosciuta ne restava colpito. É una delle cose che rendevano Alice così indispensabile.
In lei si rifletteva una misura che ristabiliva le nostre proporzioni, il peso dei nostri problemi, il senso della vita e la gioia di viverla. Ad 8 anni è entrata negli scout per sua richiesta.Ne aveva sentito parlare da genitori, zii e amici. Le perplessità non mancavano: camminate, avventure, giochi di movimento sono parte integrante del metodo educativo scout. Ancora una volta aveva ragione lei. Forse perché, come ha detto un suo capo, era lei ad indicare le soluzioni e a trasformare nella mente degli altri il difficile in fattibile. Poco per volta era un dato sicuro anche per i capi, che Alice avrebbe partecipato a suo modo a tutta l'attività."
É stata un'esperienza fondamentale di crescita reciproca. Nell'estate ‘93 ha avuto in regalo la libertà e la gioia di muoversi da sola con un piccolo scooter elettrico a tre ruote. La prima volta al supermercato è stata un'esplosione di entusiasmo durata un paio d'ore.Alla scuola media, dove non l'ha seguita nessuno dei compagni di 8 anni di materna ed elementari, ha ritrovato invece tutti gli amici della Sardegna. Lei e gli amici erano così affiatati e ormai così autonomi da non aver bisogno di un insegnante che l'aiutasse fisicamente. Ci pensavano gli amici. E dagli amici Alice è sempre stata molto ricerca ta. Aveva il dono naturale di comunicare serenità e felicità.
É la storia di una persona che ha vissuto intensamente i suoi 12 anni, capace di maturare in modo creativo senza subire i propri limiti, anzi, trasformandoli in occasioni di crescita. Non tutti ci riusciamo.Alice era innamorata della vita : la gente, il cielo, la montagna, le città da scoprire, la scuola, la musica (suonava il pianoforte) e la poesia. É riuscita perfino a sciare, cosa di cui andava giustamente fiera. Certo, sorretta dal babbo e senza nascondersi i limiti, ma accettando felice quel che poteva venirle dall'aiuto degli altri.
La dolcezza nell'accettare era un'altra sua dote straordinaria. Leggendo la lettera a un amico missionario ci siamo ricordati un episodio significativo. Dopo aver ascoltato un monaco che proponeva la sofferenza e il dolore come unica via per arrivare a Cristo, Alice chiese candidamente : “Allora io non posso vivere fino in fondo il Vangelo". La guardammo stupiti : "Perché?". "Perché fino a ora non ho sofferto, sono fortunata". Sbalorditi ed emozionati, le abbiamo ricordato che viaggiare in una carrozzina, subire operazioni, qualche problema e qualche sofferenza in realtà li comportano.
Alice replicò : "No, a questo non ci avevo pensato. Io pensavo ai genitori, che li ho tutti e due sani, non siete separati come quelli di alcuni miei amici, che sono tristi. Noi abbiamo la casa bella ..., insomma, non abbiamo sofferenze di questo genere”.Le sofferenze, quelle fisiche, invece non mancavano. Per la grave scoliosi doveva portare sempre un busto a cui si affezionò come a un appendice fedele del suo corpo, ma che era diventata negli anni sempre più alto e costrittivo. Dovette affrontare quattro interventi chirurgici, l'ultimo dei quali, nel ‘95, particolarmente difficile, pesante e doloroso per la lussazione dell'anca. Ormai stava bene solo in carrozzina e usava con fatica anche quel suo piccolo scooter elettrico sul quale era riuscita a fare tanta strada.Dopo una brutta bronchite, così difficile da "tossire via" per chi ha deboli anche i muscoli del torace, racchiuso nel suo rigido busto di plastica,
Alice se n'è andata all'improvviso, la mattina del 20 febbraio 1996, a scuola, mentre rideva per la battuta di un compagno. Ha chiesto aiuto a loro, agli amici, ma l'attimo dopo era già misteriosamente fuggita in Paradiso, dal suo posto dì lavoro, "come un eroe in battaglia", come ha scritto una suora di clausura.“Non ha mai smesso di sorridere alla vita. Neanche dopo.”I suoi amici scuopt scrissero di lei : “...Avevi una missione da compiere : colorare i nostri cuori. Avresti potuto colorarli di nero, ma tu non lo hai fatto, hai scelto il colore più bello, quello della speranza, della gioia e dell’amicizia... da ferita sapeva volare e far volare”.Un amico di famiglia disse : “...Mi è stato detto più volte : non c’è da piangere, ma bisogna cominciare a ridere.
Forse è vero, è difficile ma vero”.
(Brano tratto da: "Il libro dì Alice: sono felice", di Alice Sturiale, ed. Rizzoli). SARZENTI ANDREA