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Valori
che e scoraggiate, come pecore
che non hanno un pastore. Allora
disse ai discepoli: «La messe da
raccogliere è molta, ma gli operai
sono pochi. Pregate dunque il
padrone del campo perché man-
di operai a raccogliere la sua
messe»” (Mt 9, 36-10,8). Il punto
di vista di Ermes Ronchi a com-
mento di questo brano di
Vangelo è davvero illuminante
(Avvenire, 15 giugno 2002), so-
prattutto dopo essersi soffermati
sui dati riportati nei paragrafi
precedenti: «La messe è molta. Io
invece credevo che i campi della vita
fossero aridi e i tempi cattivi. Io avrei
detto: c’è tanto da arare e da faticare;
per raccogliere, alla fine, basta
chiunque. C’è troppo sudore da me-
scolare alla semente, una rete da get-
tare per tutta la notte, e forse per
non prendere nulla, come Pietro sul
lago. Invece Gesù ci sorprende: il
raccolto è abbondante. E ci fa capire
che la campagna è sua, la semente la
mette lui, il mondo lo fa crescere lui.
C’è tanto da raccogliere perché il ter-
reno è buono; la storia sale, positiva,
verso un’estate profumata di frutti e
non verso un deserto sanguinoso.
Dall’alto Qualcuno guarda e vede
che il mondo è ancora cosa buona,
come all’origine; ha fede ancora nel-
la bontà dell’uomo, perfino nella
mia. Ogni cuore è una zolla di terra
seminata di germi divini: un mistero
passa tra il cuore del singolo e Dio,
sul quale io, raccoglitore e pastore,
non intervengo, ma ammiro e rin-
grazio. Raccoglitori cerca il Signore,
perché la fatica più grande l’ha già
fatta qualcun altro, Colui che ancora
esce a seminare su rovi e sassi, su
strade e buon terreno, a piene mani,
a pieno cuore. Ma chi ammasserà i
raccolti della pace, della giustizia,
della fiducia, della gioia. Sono i di-
scepoli che si convertono in apostoli.
Anche tu sei chiamato ad aggiunge-
re il tuo nome all’elenco dei dodici,
ognuno è il tredicesimo apostolo,
ognuno scrive il suo quinto vangelo,
riceve la stessa missione dei dodici:
annunciate che il regno di Dio è vi-
cino. Dite: Dio è vicino; Dio è con
voi, con amore. E Lui, il pastore buo-
no che porta le tue insicurezze. Non
esiste alcuna scuola che insegni a di-
ventare apostoli, perché non sono le
parole, per quanto belle, che contano,
ma quanta convinzione, quanta pas-
sione e stupore contengono. Come
farai a testimoniare che Dio è vicino,
se tu per primo non lo senti. Dio
non si dimostra, si mostra: con i ge-
sti della pietà e della compassione:
guarite, risuscitate, sanate, date...
L’inviato è povero: un bastone per
appoggiarvi la stanchezza, i sandali
per andare e ancora andare. Non ha
borsa né denaro, ma ha la pace che il-
lumina gli occhi e la forza che regge
le mani. La duplice missione del di-
scepolo è: esistere per Dio, per guari-
re la vita. O almeno per prenderci
cura, se di guarire non siamo capaci,
di greggi e di messi, di un mondo
barbaro e magnifico».
Gianmarco Boretto
...segue - C'è ancora spazio per Dio!
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